domenica 15 marzo 2015

Big eyes. Tim Burton è tornato?

39007_pplRegia Tim Burton
Sceneggiatura Scott Alexander|Larry Karaszewski
Con Amy Adams|Christoph Waltz|Danny Huston|Jon Polito
Produzione USA|2014

Big Eyes è il racconto di fatti realmente accaduti. Margaret è una pittrice e ha una figlia piccola. Sono gli anni '50 quando sceglie di fuggire dal suo primo marito "prima ancora che lasciare i mariti diventasse di moda" (specifica il giornalista voce narrante di questa storia). Si reca a San Francisco, dove trova inizialmente un lavoretto come decoratrice di lettini in una grande azienda. Successivamente la vediamo (s)vendere ritratti al parco, dove incontrerà Walter, agente immobiliare e occasionalmente pittore. Lui le chiederà frettolosamente di sposarlo e, date le circostanze, che si facevano sempre peggiori per sua figlia e lei, donna, madre e sola, Margaret lo accoglierà come una benedizione.

MV5BMTI5OTA0NTE4Nl5BMl5BanBnXkFtZTcwNDUwODk2MQ@@._V1_SX640_SY720_Margaret e Walter Keane (Lei 1927-ancora vivente. Lui 1915-2000) e la loro storia sono piuttosto noti in America, meno citati in Italia, anche se le opere, bambini dagli emblematici occhi giganti, non possono non esserci passate sotto il naso una volta o l'altra, data l’alta diffusione che hanno avuto.
Erano infatti gli anni cinquanta e sessanta, quelli in cui l'arte entrerà a far parte del commercio di massa e chi meglio di Walter Keane, capacissimo venditore, poteva sfruttare questa situazione peggio di come fece?

Gli occhi grandi fondano l'arte di Margaret perché, dichiara il suo personaggio nel film, gli occhi sono lo specchio dell'anima; lo aveva potuto sperimentare personalmente, quando ebbe un periodo di sordità temporanea durante il quale si scoprì a fissare la gente negli occhi. Tuttavia quelli di Walter non erano abbastanza grandi o lei non li aveva guardati con attenzione perché la sua anima, a lungo andare, non si rivelò una di quelle alle quali fa piacere essere sposati.

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Infatti era lui a spacciarsi per l'autore di quei bambini con gli occhioni che dipingeva la moglie, e le commissionava i soggetti futuri, probabilmente ascoltando le preferenze del pubblico in una logica, anche qui, di mercato, di arte come genere di consumo di massa. Tematiche, queste ultime, che accompagnano tutto il film, sono nate in quell'epoca e forse ancora oggi sono da metabolizzare. Big eyes non ha la pretesa di aiutarci a comprenderle, ma ne fa un giusto ritratto accanto all'assurda storia dei coniugi Keane.

Ha venduto i dipinti. Poi ha venduto le foto dei dipinti. Poi ha venduto le cartoline con le foto dei dipinti.

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Questo film, come film biografico, è bello. Non uno di quelli che poi ti venga voglia di rivedere e rivedere, ma di quel tipo ce ne sono sempre relativamente pochi in ogni caso.
Penso che ciò che lo rende godibile sia che resta ad una scala umana: non c'è nulla di idealizzato o caricato per essere più appetibile sul grande schermo. La protagonista non è dipinta come un'eroina o, come molti affermano, una femminista, una donna moderna, è una donna normale, con un carattere ingenuo e calmo, troppo insicura ma non fragile, intelligente e onesta che all’occorrenza, nel momento buono riesce a prendere anche delle decisioni forti. É interpretata da una brava, anzi bravissima, Amy Adams, che riesce a rendere il carattere schivo dell'artista recitando con gli occhi e con tutto il corpo.

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Il protagonista maschile incarna invece quello che è l'eccesso umano, l'eccesso di passione che porta all'ossessione, la follia, la fame di successo che porta alla disonestà, alla vendita di sé stessi, e quell'eccesso, qualunque sia, che porta al furto di proprietà intellettuale.

Tutto questo è raccontato con accuratezza ed è diretto dal celebre regista Tim Barton, quello che, da La sposa cadavere(2005) ad oggi è stato considerato sempre peggio. Perché insisteva su letture già viste, sui soliti attori che ci davano le solite interpretazioni, insomma non sembrava avere più molto da dire.
Molti hanno dunque approcciato Big eyes con questa domanda: Tim Barton sarà tornato? Quello che, come regista, produttore, sceneggiatore, animatore, ha saputo regalarci alcuni veri e propri guizzi di ispirazione?
(Edward mani di forbice, Batman, Il mistero di Sleepy Hollow, Big Fish, Nightmare before Christmas, La sposa cadavere)
La risposta di molti è stata no. Io invece dico di sì, questo Big eyes non entrerà a far parte dei sui big, ma c'è, dietro ogni fotogramma, il suo grande occhio, c'è nella composizione delle immagini la sua caratteristica volontà fortemente comunicativa. Inoltre è finalmente una produzione nuova in cui non corre il rischio di aggrapparsi ai suoi vecchi successi.

Per i più scettici ecco alcune scene in cui è davvero evidente lo stile del regista che conoscevamo, in una veste più misurata del solito, forse perché più adatta al film realistico e biografico, o forse perché egli ha maturato una nuova misura... inutile scervellarsi, alle prossime opere l'ardua sentenza.

(spoiler, per i pignoli)

Nell'azienda in cui Margaret va a lavorare appena arrivata a San Francisco: la scena parte dal dettaglio e poi si allarga fino a inquadrare un salone di uomini seduti dentro dei lettini per bambini.tim-burton-big-eyes-5-560x420
Le scene in cui Margaret vede le persone intorno a lei con dei grandi occhi dipinti sul viso.
La scena in cui un critico d'arte ferma una forchetta appena prima che lo ferisca in volto, restando perfettamente impassibile.
La scena del quadro enorme che viene rimesso nella scatola dopo essere stato aspramente criticato, rientra triste e lentamente scompare.
Il gesto ripetuto della madre verso la figlia, di tenderle una mano, due volte dal sedile anteriore dell'auto verso quello posteriore, un ultima volta nell'aula del tribunale, verso le panche dietro di sé.
big_eyesLa scena in cui la figlia rivela alla madre di aver capito il suo segreto: entra nello studio in cui le era proibito entrare e Margaret è addormentata sotto il quadro gigante che le ha commissionato il marito, piccola sotto tutti quei grandi occhi tristi.

 

 

(fine spoiler)

Ammetto anch'io, come han detto tanti altri, che abbiamo visto Burton mettere molto più cuore nei suoi film, ma nel mio giudizio positivo ho anche tenuto conto che è davvero la prima volta che deve raccontarci una storia così realistica, senza nessun personaggio bislacco o fantastico, se non forse Walter Keane, ma non è certo paragonabile alle stramberie (in senso positivo) a cui il regista pare essere da sempre affezionato.

Sentite anche cosa ne pensa la vera Margaret Keane (cliccando).


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